BUCCHIANICO
Nel pomeriggio della domenica antecedente il 23 Maggio, vi è il corteo, con tutto quell’immenso bagaglio culturale ed antropologico che una simile antica manifestazione può trasmettere con i suoi circa 700 anni di vita ininterrotta. Non è una rievocazione, una delle tante nate qualche decennio or sono, ma è una festa autentica ed originale. Non a caso può vantare da qualche anno il Patrocinio della Commissione Nazionale dell’Unesco, nonché quello del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Ha avuto l’onore di ottenere l’adesione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Riconoscimenti che solo poche feste del genere hanno. Il pubblico rimarrà sorpreso nel vedere il corteo storico, con circa centomila fiori realizzati dalle donne in carta crespa durante le sere invernali; nell’ammirare i carri preparati dagli uomini con grande perizia artistica ed artigianale e concepiti per farli durare e non per essere smontati all’indomani; nel vedere migliaia di bucchianichesi in festa che con il loro tradizionale costume sfilano, ballano e cantano.
Una festa che richiede una preparazione che dura un intero anno. Viene organizzata annualmente da un Banderese (che dura in carica un anno) aiutato da tutta la sua famiglia sino al settimo grado (concretamente vi partecipano un migliaio di persone). Ognuno ha un suo ruolo ben preciso: il Sergentiere, il Banderese, la moglie, i figli e la madre del Banderese, il Sindaco, il Parroco, la Famiglia, la Compagnia, la Contrada, ecc.
Il giorno del corteo è l’esternazione del frutto di un anno di lavoro contrassegnato da una serie di riti e cerimonie che si ripetono. È un festeggiamento corale organizzato dal popolo che si autofinanzia per celebrare il suo Sant’Urbano papa e martire.
Per la festa vengono creati fiori in carta crespata, di tutti i colori e di tutte le forme, realizzati dalle donne, di sera, recitando il rosario. Sono poi completati e sistemati in canestri che vengono portati in testa dalle “pacchianelle”, dalle ragazzine piccolissime alle donne ormai avanti con gli anni. Le accomuna l’entusiasmo e la voglia di esserci. Le più brave li portano in testa, senza aiutarsi con le mani, in perfetto equilibrio.Gli uomini, invece, costruiscono i carri. Alcuni sono curati dalle contrade, con temi inerenti la vita contadina, quattro sono invece realizzati dalla famiglia del Banderese ed hanno temi prestabiliti perché rappresentano quello che il contadino, minacciato dagli assedianti, portarono con loro scappando, come sfollati, entro le mura di Bucchianico (il pane, il letto, la legna, il vino). Spesso ce n’è un quinto (quello del ringraziamento) realizzato dai giovani della famiglia del Banderese.
Un’altra tradizione secolare è il confezionamento dei pennacchi che vengono agganciati ai copricapi dei banderesi. Sono belli, voluminosi, colorati, resistenti e per ottenerli così occorre seguire particolari e antiche procedure, legando, una per una, le penne di diversi animali da cortile (galli, tacchini, galline faraone, ecc.).
La festa comprende diversi caratteristici momenti che si tengono nell’arco di circa dieci giorni.
Il Sergentiere è la massima autorità della festa ed è una carica ereditaria che spetta alla famiglia Tatasciore-papè di Bucchianico. Il nome significa comandante, consegnatario dell’Arma Santa, che anticamente era un’alabarda, tipo “sorgentina”. È il discendente del comandante che difese Bucchianico con l’intercessione di S. Urbano.
Il Banderese, invece, significa “cavaliere che conduce i vassalli con propria bandiera”. Viene sorteggiato pubblicamente la prima domenica dopo il 27 maggio alla presenza del sindaco e del parroco. Tutti i bucchianichesi abitanti fuori del centro storico, sposati e con figli, con la fedina penale pulita, dalla morale ineccepibile, possono candidarsi. Tra questi avverrà il sorteggio. Da quel momento diventa Banderese e già quella stessa sera dà la sua prima festa aperta alla cittadinanza. Quindi riunisce la famiglia sino al settimo grado, sceglie i capi-contrada ed organizza la festa del maggio dell’anno successivo. Acquista ed alleva il vitello che aprirà il corteo e che verrà sacrificato e mangiato il 25 maggio.
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Nel pomeriggio della domenica antecedente il 23 Maggio, vi è il corteo, con tutto quell’immenso bagaglio culturale ed antropologico che una simile antica manifestazione può trasmettere con i suoi circa 700 anni di vita ininterrotta. Non è una rievocazione, una delle tante nate qualche decennio or sono, ma è una festa autentica ed originale. Non a caso può vantare da qualche anno il Patrocinio della Commissione Nazionale dell’Unesco, nonché quello del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Ha avuto l’onore di ottenere l’adesione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Riconoscimenti che solo poche feste del genere hanno. Il pubblico rimarrà sorpreso nel vedere il corteo storico, con circa centomila fiori realizzati dalle donne in carta crespa durante le sere invernali; nell’ammirare i carri preparati dagli uomini con grande perizia artistica ed artigianale e concepiti per farli durare e non per essere smontati all’indomani; nel vedere migliaia di bucchianichesi in festa che con il loro tradizionale costume sfilano, ballano e cantano.
Una festa che richiede una preparazione che dura un intero anno. Viene organizzata annualmente da un Banderese (che dura in carica un anno) aiutato da tutta la sua famiglia sino al settimo grado (concretamente vi partecipano un migliaio di persone). Ognuno ha un suo ruolo ben preciso: il Sergentiere, il Banderese, la moglie, i figli e la madre del Banderese, il Sindaco, il Parroco, la Famiglia, la Compagnia, la Contrada, ecc.
Il giorno del corteo è l’esternazione del frutto di un anno di lavoro contrassegnato da una serie di riti e cerimonie che si ripetono. È un festeggiamento corale organizzato dal popolo che si autofinanzia per celebrare il suo Sant’Urbano papa e martire.
Per la festa vengono creati fiori in carta crespata, di tutti i colori e di tutte le forme, realizzati dalle donne, di sera, recitando il rosario. Sono poi completati e sistemati in canestri che vengono portati in testa dalle “pacchianelle”, dalle ragazzine piccolissime alle donne ormai avanti con gli anni. Le accomuna l’entusiasmo e la voglia di esserci. Le più brave li portano in testa, senza aiutarsi con le mani, in perfetto equilibrio.Gli uomini, invece, costruiscono i carri. Alcuni sono curati dalle contrade, con temi inerenti la vita contadina, quattro sono invece realizzati dalla famiglia del Banderese ed hanno temi prestabiliti perché rappresentano quello che il contadino, minacciato dagli assedianti, portarono con loro scappando, come sfollati, entro le mura di Bucchianico (il pane, il letto, la legna, il vino). Spesso ce n’è un quinto (quello del ringraziamento) realizzato dai giovani della famiglia del Banderese.
Un’altra tradizione secolare è il confezionamento dei pennacchi che vengono agganciati ai copricapi dei banderesi. Sono belli, voluminosi, colorati, resistenti e per ottenerli così occorre seguire particolari e antiche procedure, legando, una per una, le penne di diversi animali da cortile (galli, tacchini, galline faraone, ecc.).
La festa comprende diversi caratteristici momenti che si tengono nell’arco di circa dieci giorni.
Il Sergentiere è la massima autorità della festa ed è una carica ereditaria che spetta alla famiglia Tatasciore-papè di Bucchianico. Il nome significa comandante, consegnatario dell’Arma Santa, che anticamente era un’alabarda, tipo “sorgentina”. È il discendente del comandante che difese Bucchianico con l’intercessione di S. Urbano.
Il Banderese, invece, significa “cavaliere che conduce i vassalli con propria bandiera”. Viene sorteggiato pubblicamente la prima domenica dopo il 27 maggio alla presenza del sindaco e del parroco. Tutti i bucchianichesi abitanti fuori del centro storico, sposati e con figli, con la fedina penale pulita, dalla morale ineccepibile, possono candidarsi. Tra questi avverrà il sorteggio. Da quel momento diventa Banderese e già quella stessa sera dà la sua prima festa aperta alla cittadinanza. Quindi riunisce la famiglia sino al settimo grado, sceglie i capi-contrada ed organizza la festa del maggio dell’anno successivo. Acquista ed alleva il vitello che aprirà il corteo e che verrà sacrificato e mangiato il 25 maggio.
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